giovedì 17 aprile 2014

Il Terzo Lato Intervista Gli Heretic's Dream





Due persone Francesca Di Ventura, voce degli Heretic's Dream ed io, co-inventore del Terzo Lato Del Vinile. Due capitali, Londra dove vive da quattro anni, e Roma dove i miei vinili stanno invadendo almeno il mio quartiere.

Undici domande come undici sono le tracce di Walk The Time, secondo lavoro musicale degli Heretic's Dream, un disco dalle straordinarie qualità emotive e concrete, che ha saputo mischiare più generi in un sound di forte impatto.

1//Walk The Time ha spaccato in due la critica: c’è chi lo ha stroncato fin da subito e chi lo ha elogiato al massimo. A distanza di sei mesi dalla sua pubblicazione quanto sei soddisfatta di questo lavoro, quali, secondo te, sono i punti di forza e i punti deboli. Ti faccio questa domanda perché anche il tempo ha le sue variabili e magari ciò che pensavi fosse perfetto ti sembra diverso, o la parte più debole diventa la migliore.

Una bellissima domanda. Riguardo la critica è proprio così: o lo ami o lo odi. Sono state poche le critiche negative ma quelle che ci sono state sono state molto negative. Le altre recensioni non buone sono provenute da giornali metal, proprio di settore e, noi, non siamo prettamente metal, in linea di massima se c’è un aspetto negativo e che noi ci definiamo metal, per alcuni aspetti che la nostra musica ha, come le chitarre scure e l’utilizzo del doppio pedale, però abbiamo anche altre influenze più pop e rock, soprattutto io che ho un background diverso dagli altri ragazzi. Chi cerca un classico disco metal può storcere il naso di fronte al nostro disco.
È vero il tempo cambia anche la nostra stessa percezione del disco. Oggi lo ascolto, ci sono ancora tante cose belle, ma oggi, dopo sei mesi, avrei sicuramente cose diverse da dire. Anche nei testi sarei meno introspettiva e più solare, perché in questo momento la mia vita lo è di più rispetto a sei mesi fa, quando venivo da un periodo estremamente pesante di giudizi sociali, che ha decisamente inciso nel modo di scrivere i testi. La nostra percezione della nostra musica non è affatto legata alle recensioni, non ci sentiamo persone migliori quando la recensione è ottima e viceversa. Sicuramente se ci sono delle critiche positive o negative è giusto rifletterci. L’aspetto sul quale dobbiamo lavorare è quello di indicizzare di più la nostra musica perché in questo momento il mercato nostro è troppo largo. Non avendo un genere specifico si fa fatica ad indirizzare questo disco agli appassionati di… perché non ha un genere particolare. Ci abbiamo messo un po’ troppa roba dentro. La critica che ci viene mossa spesso, e che troviamo probabilmente giusta,  è di cercare una linea di scrittura più univoca e di seguire un certo filone.

2//La vostra storia, nata in Inghilterra ma di cuore italiano, mi ha fatto venire in mente il libro “Straniero in terra straniera” di Robert A. Heinlein, in cui un umano cresciuto da alieni ritorna sulla terra ed in pratica non conoscerà mai il significato della parola casa. Cito questo libro perché probabilmente ha anche ispirato due omonime ma diversissime canzoni intitolate proprio Stranger In a Strange Land, una degli U2 l’altra degli Iron Maiden. Quindi ti chiedo, quando senti “precaria” e “squilibrata” la vostra musica? Quando e dove è un bene o un male?

Vivere in un paese straniero come l’Inghilterra non è semplice. Per quanto è un posto dove ci sono tantissime etnie è anche vero che il  patriottismo inglese li rende in qualche modo una popolazione molto chiusa. E’ vero che le frontiere sono aperte, ma la possibilità di integrarsi con la loro società sotto tutti i punti di vista non è una cosa scontata. Tant’è che qui la maggior parte degli italiani è relegata a lavori di bassa lega. E quando bisogna scegliere tra un inglese medio ed un eccellente italiano loro scelgono l’inglese medio. È una mentalità tipicamente isolana.  Però è anche vero che qui si ha un diverso approccio alla musica e questo ci ha aperto gli occhi, le persone vanno in giro ad ascoltare musica e si suona parecchio, i locali non ti stressano in base al numero di persone che porti. Ci si sente stranieri in terra straniera? Si, decisamente. La musica è alla fine la nostra casa, un linguaggio universale con il quale puoi comunicare ovunque tu sia. Ed è bellissimo.

3//Musicalmente il disco è contaminato da svariate influenze, tuttavia in ogni canzone è molto marcato il suono della chitarra, come fosse una firma sulle canzoni. È un sound molto particolare che necessita di tempo per essere metabolizzato.
Credo che le note, la chitarra e gli arrangiamenti siano frutto della vita vissuta.
È come aprire un diario personale.

Hai colto nel segno. Sicuramente la chitarra è estremamente presente perché la musica l’ha scritta Andrej Surace, che è il chitarrista e anche il mio compagno. La line-up della band ha avuto parecchie successioni, in due anni abbiamo cambiato sette batteristi e sei bassisti. Di conseguenza hanno solo partecipato agli arrangiamenti. Fondamentalmente i pezzi nascono da Andrej e la sua chitarra è preponderante.
Il diario personale è una cosa bellissima… io dico sempre che questo disco è personale ma personalizzabile, perché parlo di mie esperienze personali che alla fine sono quelle di ogni essere umano, in cui ciascuno di noi ci si può riconoscere.

4//Il titolo del disco è molto affascinante. Attraverso le canzoni che sembrano 11 cortometraggi registrati con 11 cineprese diverse su 11 pellicole diverse, si entra nella strana dimensione di Walk The Time.
Il dizionario alla voce tempo risponde così: “durata misurabile di tutto cio che è; in senso più particolare la successione dei giorni fisici, una quantità che segue la ragion diretta dello spazio percorso”, ma anche “stato dell’atmosfera” e “stato del movimento”. Puoi dirmi qualcosa in più?

Bella metafora! Walk The Time mi è venuto in mente perché in questo disco i testi parlano di esperienze di vita, di un percorso mio, e in generale di ogni essere umano fa percorrendo il proprio tempo. L’idea di camminare il proprio tempo è un’azione attiva. Non farti vivere, ma vivi tu. In prima persona. Che tu sia attivo nelle tue scelte. Fa che il tempo sia un’azione in cui sei attivamente coinvolto.  E che il tempo vada dove vuoi tu. Il tempo è stato in questo caso nove mesi, in cui ci è successo un po’ di tutto, sia nella band che a livello personale. Se c’è qualcosa che ritorna in tutti i testi è il giudizio sociale, di un compagno, di un padre, che mi è pesato tantissimo in questo periodo. Ed io ho trovato un mio modo personale di elaborare l’essere giudicati nelle proprie scelte.
Abbiamo approcciato al disco con l’idea di fare qualcosa che non fosse noioso. Il metal è molto ripetitivo,  gira bene solo perché il tuo orecchio ci è già abituato. Noi vogliamo qualcosa di inatteso tra un pezzo e l’altro. Vogliamo che l’ascoltare tra un pezzo e l’altro dica: e adesso che cosa mi aspetta?

5//I vostri testi sono ricchi di spunti, una canzone molto forte è The Next Level, che parla di razzismo e discriminazione, ed è una critica a certi aspetti della cultura inglese. Ti chiedo quanto razzismo avete sentito, anche in ambito musicale dato che molte critiche provengono dai blog più metallari, e quale sia il prossimo livello.

Razzismo a livello musicale non lo vedo, abbiamo avuto le più belle recensioni da paesi come la Germania, la Grecia, il Belgio. Gli inglesi sono razzisti? Si, perché è il loro unico modo di sopravvivere, non amano la competizione, non si parlano in faccia, hanno un finto perbenismo che è solo una facciata e questo nel testo lo dico. Sono molto egoisti e molto poco comunicativi. L’inglese medio ha il suo circoletto e il resto del mondo può andare a quel paese. È una società in cui nessuno si ferma per darti una mano. In quattro anni che vivo qui il sentimento più forte è stato la solitudine, cosa che non accade a livello musicale, la musica è ancora divertimento.
C’è un forte contrasto tra lo stato sociale e la musica.
La canzone l’ho scritta in aereo quando tornavamo da un concerto in Italia per venire qui guardando il mio compagno che non riusciva a trovare lavoro nel suo settore, e si sentiva dire sempre le stesse frasi per giustificare il fatto che preferivano prendere un inglese piuttosto che un italiano. Questa canzone è stata un forte sfogo perché ho visto l’amarezza negli occhi di Andrej, una situazione inverosimile.

6//Mi piace pensare che  Dreams Falling parli del confine tra realtà e sogno, di quello stato onirico di dormiveglia che storicamente hanno raggiunto svariati artisti nel tempo, per generare grandi invenzioni e grandi opere d’arte, come successe per le grandi avanguardie del novecento. È lì, in quel posto senza tempo che esce fuori l’arte ed in questo caso la musica?

In realtà il pezzo è più concreto, più pragmatico. E parla della paura di non svegliarsi dopo un incubo. Sono d’accordo sul fatto che la musica è sicuramente frutto di una dimensione che non è quotidiana. È uno stato in bilico tra la follia e la sanità. È molto spesso un’esigenza per chi la fa, perché è l’unica forma di comunicazione di artista per esprimere sé stesso ed il proprio disagio

7//Ho letto in un’altra intervista che sei una mamma, in Before The Storm si parla proprio di questo, dell’angoscia e della paura di avere una vita in grembo, e della voglia di diventare migliori per un figlio.
Quanto senti di essere cambiata in meglio e cosa la nascita di un bambino ti ha insegnato?

Quel testo parla del tema del giudizio. L’ho scritto perché soprattutto quest’anno mi sono sentita estremamente giudicata da persone a me molto vicine di sull’essere o meno una buona madre. Nessuno dovrebbe ergersi a giudice degli altri, ma questi giudizi mi hanno portato ad interrogarmi.
Vedo mio figlio, ed è felice, è cresciuto nella musica e vedo tanta felicità, ed oggi mi rispondo che sono contenta delle scelte che ho fatto.
La paura di essere incinta l’ho superata immediatamente perché c’era tanto amore verso questo bambino, il dover smettere di fumare subito, il vedere il mio corpo cambiare,  è stato bello. È qualcosa che fai facilmente se senti che ne vale la pena, ed io lo sentivo.
Nel testo chiedo perdono a mio figlio se non gli sono stata sufficientemente vicino, anche se oggi ritengo di averlo fatto a mio.
L’ho portato con me ai concerti, questa è una pratica comune per i musicisti. Non sta scritto da nessuna parte che un bambino che si addormenta alle otto cresca meglio di un bambino che partecipa attivamente alla vita dei genitori anche se è un po’ incasinata.

8//Johnny Marr, ex chitarrista degli Smiths, nel suo album solista ha pubblicato New Town Velocity, una canzone che parla dell’impegno che ci vuole per trovare la giusta strada lungo le strade di una città che non ti aspetta, anzi va sempre più veloce.
Quanto senti frettoloso il mondo contemporaneo e quanta fretta hai nel generare musica?

Il mondo di oggi è sicuramente molto veloce, però non mi sento oppressa da questa rapidità, mi trovo abbastanza a mio agio in essa. Forse la vita che faccio qui, nel country side di Londra è troppo lenta, mi manca quella frenesia che è anche vitalità, che qui non c’è e talvolta mi sembra di stare in un mondo confezionato insieme a dei robot in cui tutti è a certi orari e non succede niente di nuovo. Io sono più per una vita più attiva.
La fretta per la musica l’ho avuta solo tra il primo e il secondo disco. Perché il primo disco a noi stessi della band non piaceva, l’abbiamo registrato in uno studio inglese indie e r&b, generi che vanno tantissimo qui, e non suonava metal per niente, sembrava un ottimo disco live. Volevamo masterizzarlo da un’altra parte ma non ne abbiamo avuto il tempo: è arrivata la casa discografica e tutto è andato in  fretta. E in quel disco veniva giustamente criticata la produzione  poco curata. La mia voglia di riscatto era dimostrare di saper fare un disco di musica migliore di quello. Abbiamo scelto uno studio di registrazione a Roma specializzato per il genere metal, abbiamo avuto il tempo che volevamo per il suono, anche in questo caso avevamo delle scadenze e problemi con alcuni membri della band, ma in quel momento ho sentito proprio il momento di fare musica. Di dimostrare che questa band sa fare di più.  Il primo era un disco con bei pezzi peccato che non è stato curato.

9//Il vostro disco è molto death metal e hardcore, ma anche goth-rock e in alcuni tratti si sentono gli echi del post-punk. Quali gruppi avete come riferimento, e secondo te quale genere prevale?

Direi che il metal prevale, è il raccordo tra tutti gli elementi. Andrej viene dal trash e dal death. Carlo, l’altro chitarrista, dal goth female fronted band. Il batterista al tempo delle registrazioni ascoltava molto i Red Hot Chili Peppers e i Symphony X. Io sono la voce fuori dal coro dato che sono cresciuta con Madonna, Depeche Mode, Roxette e il pop anni ottanta e novanta, e  probabilmente si sente sia nel mio stile vocale che non è la classica voce drammatica delle cantanti metal e sia nelle melodie che sono più pop, con un chorus più accattivante, tipico degli anni ottanta.
Non creare un genere pensavamo fosse un punto di forza, ma nel metal non paga. Ci sono troppe regole non scritte. Addirittura per il prossimo disco pensavamo a qualcosa di acustico.
Il metal può essere una recinto ed io piuttosto che rinchiudermi in una gabbia dorata preferisco sentirmi libera e volare in alti orizzonti.

10//Un gruppo rock nell’underground di Roma si chiama “Not For Money”, quanto la variabile economica è importante per la longevità di una band? Dalla vostra storia cosa senti di aver imparato? Che consigli daresti ai nuovi gruppi emergenti?

Per fare musica di una certa qualità, del video, della registrazione, i soldi vanno spesi. Il mio consiglio è che i soldi meglio spesi sono per l’ufficio stampa, che ti aiuta per la promozione, per le interviste, i passaggi radio, le news… noi abbiamo un ottimo ufficio stampa che è la safandsound in Italia, uno in Europa e uno in Inghilterra. Se dovete uscire con un disco fatelo con qualità. Noi, come detto, ci siamo un po’ pentiti della qualità del primo disco… un buon biglietto da visita è importante. Meglio aspettare di avere dei soldi e fare una buona registrazione piuttosto che una mediocre. Se si hanno dei soldi in più vanno investiti nell’ufficio stampa, qualcuno che ti aiuti a diffondere la tua musica. Oggi i gruppi mettono un video su youtube e sperano. Non è così semplice.
 Una band senza ufficio stampa è come una bellissima macchina senza ruote. Non si va da nessuna parte.

11//Abbiamo creato questo blog perché grandi appassionati del long playing. Che rapporto hai con il vinile e che ne pensi della diffusione musicale moderna? Pensi davvero possa aumentare l’ampiezza di pubblico o è una biblioteca di Babele?

Il vinile è una meraviglia. Di dischi ne ho molti, dagli Europe ai Chicago a Barbra Streisand, mio padre ne portò molti quando nell’ottanta tornò dall’America. Ci tengo tanto ai miei dischi, ai 45 giri che correvo a comprare. Il vinile secondo me è molto romantico. L’analogico in generale è romantico. Però il metal non se lo potrà mai permettere, le registrazioni in analogico cozzano con il concetto del metal moderno.
Il cd secondo me andrà a morire. La nostra casa discografica mi diceva proprio questo: i dischi non si vendono più. Ora si vende solo il singolo pezzo sulle piattaforme online. La gente non compra più un disco, si preferisce il singolo pezzo. Anche il nostro mercato dice questo.. Abbiamo venduto il disco, ma molto di più singoli. Per me è qualcosa di rischioso.
Un disco è un libro e tu comprando un capitolo non hai l’interezza della storia.

L’intervista è ufficialmente finita. Grazie!

Grazie a te. Devo dire che è stata proprio una bella intervista in cui ho imparato anche io qualcosa!


Intervista di Davide Di Cosimo




Heretic's Dream - Walk The Time (2013)

Outcasted
Chians Of Blood
Behind The Mirror
Dreams Falling
Believed In You
Shockwave
Fighiting Time
Connections
The Broken Silence
Before The Storm
The Next Level




ROCK AND ROLL

Il Terzo Lato Del Vinile - Il Sito






Nessun commento:

Posta un commento